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11^ Conversazione Etica- L'Interpretazione e la Distorsione dell'Evento delittuoso

“La Interpretazione e la Distorsione dell’Evento Delittuoso” è stato il tema dell’undicesima Conversazione Etica svoltasi sabato 10 marzo, nell’Aula Magna del Dipartimento di Lettere, a cura del Rotary Club Foggia “U. Giordano” nell’ambito del Progetto annuale delle Conversazioni Etiche.

Oltre 200 studenti hanno seguito con particolare interesse i Relatori, avv. Michele Vaira, socio rotariano, e il PM Enrico Infante, i quali hanno illustrato il Sistema giuridico italiano sia dal punto di vista della giurisdizione che per quanto attiene ai gradi e all'iter processuale sia civile che penale.

Ha introdotto l’incontro il presidente del club Rotary, Luciano Magaldi, riportando la significativa citazione pronunciata dal primo e più celebre degli investigatori, Sherlock Holmes, nato dalla penna delloscrittore Conan Doyle: “I fili scarlatti del delitto si aggrovigliano nella matassa incolore della vita”; poi ha esposto alcuni interrogativi: <Cos’è cambiato in poco più di un secolo nel campo delle investigazioni scientifiche?> - <Qual è la loro rilevanza probatoria nell’economia del processo penale?> - <In che misura hanno inciso sulla qualità del sapere giuridico processuale?> - <Il metodo investigativo, a fronte dell’indiscusso progresso tecnico-scientifico, è stato stravolto nei suoi pilastri essenziali?> - e <La scienza, al servizio del processo, comporta di per sé il raggiungimento di risultati infallibili o solo certezze provvisorie?>.

A tali quesiti, in un linguaggio accessibile per la giovane platea, alternativamente i due Relatori, di comprovata esperienza, hanno cercato di rispondere coinvolgendo gli studenti. L’avvocato Vaira ha evidenziato che il tema della “prova penale scientifica” è un aspetto cruciale e delicato dei Processi e che lo scienziato forense, come tutti gli scienziati, non è “onnipotente” per cui le conclusioni devono passare sempre al vaglio dell’Autorità giudiziaria, secondo le regole legislative. L’avv. Vaira vanta esperienza in tutti i settori del Diritto Penale, con particolare specializzazione nel Diritto Penale Ambientale, dell’Impresa e nella “malpractise” medica; ha maturato una profonda esperienza di white collar crimes, affrontando alcuni casi di rilevanza internazionale. Membro del “Fellow” dell’American Academy of Forensic Sciences, ai cui meeting partecipa da quasi 10 anni, è un cultore di Medicina Legale presso l’Unifg; esperto in investigazioni difensive, ha pubblicato note e articoli su importanti riviste giuridiche, contribuendo alla realizzazione di Manuali e Codici Commentati. Esercita la professione tra le Sedi di Foggia, Roma e Milano, lavorando in partnership su tutto il territorio nazionale. Nel 2016-17 è stato Presidente Nazionale dell’AIGA, la più antica e rappresentativa Associazione forense italiana.

Partendo dalla domanda: <cos’è un delitto>, si è soffermato sulla complessità del Processo penale, del ruolo che rivestono gli investigatori e sull’importanza delle prove testimoniali e delle indagini, alla ricerca della verità. La riflessione sul rapporto tra “processo e verità” implica la riflessione sul rapporto tra “processo e tempo”, in quanto la celebrazione di un processo penale è scandita da una sequenza di atti ordinati temporalmente (indagini, eventuale udienza preliminare, dibattimento, sentenza, esecuzione). Illustrando alcuni casi noti, quali “Delitto di Cogne”, caso “Meredhit”, “Chiara Goggi”, “Sara Scazzi”, “Jary”, ha evidenziato l’importanza dell’attenzione e scrupolosità con cui devono essere condotte le indagini, talvolta fuorviate da interpretazioni personali e da campagne mediatiche. Se l’obiettivo della Giustizia è ricercare i colpevoli dei reati, quello dell’Avvocato è di dimostrare l’innocenza, senza distorcere la verità introducendo elementi falsi. La stessa “confessione” non è “prova certa” se “indotta”.

IL PM Enrico Infante, Sostituto Procuratore della Repubblica di Foggia, studioso di Diritto Penale, Autore di numerose pubblicazioni su Riviste di Diritto Penale, ha precisato che, nell’esame della scena del crimine, è fondamentale che l’individuazione, la repertazione, l’assicurazione e la custodia delle tracce del reato, avvengano seguendo protocolli adeguati e condivisi, e che l’intervento degli esperti obbedisca ad un’etica processuale in grado di assicurare risultati affidabili sotto il profilo cognitivo, resistenti alle insidie della junk science. Resta valida, a tre secoli di distanza, l’affermazione di John Locke secondo cui “tutti gli uomini sono soggetti all’errore: e molti uomini ne sono, in molti aspetti, esposti alla tentazione, per passione o per interesse”. Nessuna preclusione, insomma, nei confronti dell’utilizzo della scienza nel processo penale, a patto che non se ne enfatizzi la portata e che venga adoperata con estrema cautela, senza indulgere in “pigrizie investigative”, tenendo conto delle evidenti lacune e contraddizioni normative che richiederebbero una riconsiderazione complessiva dello scenario legislativo al fine di delineare una compiuta disciplina di settore, in linea con le più avanzate esperienze giuridiche di civil law e di common law in materia.

Oggi l’interazione, sempre più stretta tra processo penale e progresso tecnico-scientifico, è ormai acquisita e sta cambiando - lentamente ma altrettanto inesorabilmente - il modo stesso di condurre le indagini e di dare forma alle prove nel giudizio penale. Alla domanda se “a tale mutamento corrisponda un’effettiva variazione qualitativa del sapere giuridico processuale”, la risposta dell’avv. Vaira è stata chiara: <ripercorrendo l’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche applicate al processo penale nel corso di oltre un secolo, emerge come, a fronte dell’indiscusso progresso tecnico-scientifico di valutare i reperti rinvenuti sulla scena della crimine, il metodo investigativo non possa dirsi cambiato nei suoi tratti essenziali e, con esso, il “codice genetico” del sapere processuale>.

La tematica ha suscitato tanto interesse da indurre alcuni Docenti dell’Istituto Pascal a chiedere un ulteriore incontro su “Legalità e Processo”.

Il presidente Magaldi ha sentitamente ringraziato i Relatori per aver apportato, con la loro professionalità e capacità espositiva, un valore aggiunto alla Conversazione Etica.

Maria Buono

Il Club U. Giordano

Correva l’anno 1992 allorquando il grande Distretto 2100 (oggi 2120), ravvisò la necessità di costituire nella città di Foggia un secondo Club.
Dopo varie riunioni propedeutiche, in data 23 luglio 1993 si compì felicemente il parto con la consegna della Carta, dando vita al Rotary Club Foggia “U. Giordano”.

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